FINI E S.FRANCESCO

Il 4 ottobre scorso, festa di s.Francesco, il vicepresidente del consiglio Gianfranco Fini, ad Assisi, ha tenuto un discorso sul Santo che ha scandalizzato molti. Alla presenza di molti francescani, Fini tra l'altro, ha dichiarato che: "Francesco ed i suoi successori, non fecero mai opera di dissuasione dal portare le armi per difendere i deboli e gli umili…" e che anzi "il famoso divieto di portare le armi stabilito nel 1228 per il terz'ordine secolare francescano e confermato da papa Nicolò IV, così recitava: i fratelli non portino con sé armi offensive, se non per difesa della Chiesa Romana, della fede cristiana, o anche della loro terra e con il permesso dei loro ministri."

In questo momento storico, che vede l'Italia in guerra, tali frasi hanno comprensibilmente uno scopo politico, ma da un punto di vista storico sono sbagliate e si possono agevolmente confutare citando fonti storiche che riguardano anche la nostra città di Faenza.

S. Francesco, morto nel 1226, aveva lasciato una Regola per i laici del Terz'ordine: il "Memoriale Propositi" del 1221 che imponeva ai terziari un categorico "Arma Mortalia contra quempiam non accipiant" (Non impugnino le armi contro nessuno). L'insegnamento venne subito osservato e la prova è in una Bolla pontificia che riguarda proprio la nostra città. Infatti, in una delle prime citazioni ufficiali dei Fratelli della Penitenza (l'attuale Ordine Francescano Secolare), la Bolla di Onorio III del 16 dicembre 1221, la "Significatum est nobis", il Papa ordinava al vescovo di Rimini (la cattedra vescovile di Faenza era vacante) di prendere sotto la sua protezione i numerosi Fratelli Penitenti di Faenza, che sulla base della proibizione della Regola avevano rifiutato di prendere le armi al servizio del potestà. (Ricordo che all'epoca la guelfa Faenza era in continua lotta con le ghibelline Imola, Ravenna e Forlì.) e che s.Francesco era appena tornato dalla quinta crociata dove aveva incontrato il sultano.

Tra il 1210 e il 1221 Francesco aveva lasciato anche una Regola per i frati minori approvata da papa Innocenzo III in modo non ufficiale (Regola non bollata) che insegnava:

"Quando i frati vanno per il mondo, non portino niente per il viaggio, né sacco, né bisaccia, né pane, né pecunia, né bastone (cfr. Lc. 9,3; 10,4-8; Mt. 10,10). E in qualunque casa entreranno dicano prima: Pace a questa casa (cfr. Lc. 10,5). E dimorando in quella casa mangino e bevano quello che ci sarà presso di loro (cf. Lc. 10,7). Non resistano al malvagio: ma se uno li percuote su una guancia, gli offrano l'altra. E se uno toglie loro il mantello, non gli impediscano di prendere anche la tunica. Diano a chiunque chiede; e a chi toglie il loro, non lo richiedano (cf. Mt. 5,39 e Lc. 6,29 e 30).

O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Signore dice: "Amate i vostri nemici e fate del bene a quelli che vi odiano" (Mt. 5,44), poiché il Signore nostro Gesù Cristo, di cui dobbiamo seguire le orme (cf. 1Pt. 2,21), chiamò amico (cf. Mt. 26,50) il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori. Sono, dunque, nostri amici tutti coloro che ingiustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, ignominie e ingiurie, dolori e sofferenze, martirio e morte, e li dobbiamo amare molto poiché, a motivo di ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna".

Il secondo errore è che la regola approvata da Niccolò IV (la Supra Montem), citata da Fini, è del 1289 e non del 1228. S. Francesco era morto da oltre sessant'anni e altre cose erano cambiate per i francescani rispetto all'insegnamento originario del Fondatore (che non amava per nulla i commenti e le aggiunte…).

Va ricordato, infine, che nel 1266 i francescani decisero di distruggere tutti i racconti della vita del Santo ad eccezione della cosiddetta Leggenda Maggiore di s. Bonaventura. Di conseguenza le fonti storiche sono molto rare e sull'uso delle armi non lasciano trasparire idee difformi da quella espressa nella Regola del 1221.